domenica 15 maggio 2011

TERZO FOGLIO

Aveva sentito qualcuno correre in strada, che fosse Giuseppe? Ma i passi si erano poi dileguati, si era ripreso a sparare, pochi colpi ma vicini. Oramai si sparava per le strade.
Giuseppe l’aveva incontrato per caso dopo l’attentato. Era fuggito col proposito di raggiungere Milano e forse la Svizzera. Aveva invece dovuto scegliere Genova, più facile da raggiungere. Si era recato all’indirizzo di un vecchio compagno del babbo, ma come poteva sperare di trovarci qualcuna dopo quasi vent’anni.
La zona nella quale era capitato era quasi completamente evacuata e distrutta dai bombardamenti. Cercava di ritornare verso la ferrovia, ma il suo fare guardingo l’aveva tradito, aveva destato l’attenzione di un gruppo di fascisti, prima ancora che gli intimassero di fermarsi Manlio si era girato velocemente su se stesso e aveva preso a correre, aveva udito un Fermo! Il crepitare di un fucile, aveva gettato la valigia che portava e che l’appesantiva nella corsa, correva quasi ad occhi chiusi, aspettava di sentire da un momento all’altro un proiettile entrargli nella carne, era certo che sarebbe morto. Aveva svoltato in una strada buia e gettatosi al riparo di un portone. Tratteneva il respiro, sentì la squadra passare di corsa, attese ancora e quando fu certo che non sarebbero più tornati a cercarlo si gettò a sedere sfinito sui gradini.
Il sangue gli ronzava nelle orecchie, la vista gli si era annebbiata per  la fatica della breve ma rapida corsa. Respirò profondamente più volte e a bocca aperta, solo quando il cuore tornò ai suoi battiti regolari si guardò intorno per capire dov’era finito. Fu allora che lo vide e sobbalzò.
-         Chi sei?
-         - Non hai nulla da temere. – Parlava affannando quasi come se avesse fatto la setssa corsa di Manlio.
-         Perché ti cercano? Hai disertato?
-         - No – rispose Manlio – Una  storia di attentati.
-         - Un partigiano allora.
-         Manlio non rispose, non poteva far altro che fidarsi.
Giuseppe aveva passato la sessantina, figura di contadino dal viso scavato, scuro e rugoso come la terra, capelli bianchi e radi, barba non curata, occhi scuri. Aveva mani grosse e nocchiute, gambe arcuate, emanava odore di terra, sudore e tabacco. Parlava a fatica soffermandosi sulle parole.
Condusse Manlio per strade strette e buie, tra case diroccate. Incrociarono qualcuno che Giuseppe salutò con un cenno d’intesa. Poi attraversarono un portone, scesero una mezza dozzina di gradini, per trovarsi dopo aver aperto una porta bassa e pesante, un seminterrato. Era largo non più di quattro metri per cinque, due finestrini in alto sulla parete proprio di fronte all’entrata, davano sulla strada, o meglio sotto la strada, entrava poca luce che a malapena illuminava l’ambiente. Addossata alla parete destra, in modo tale che la porta aprendosi lo nascondeva, un pagliericcio, un cuscino e qualche coperta di chiara provenienza militare. Accanto al letto un lume, spento, forse inutilizzabile, una cassa di legno di quelle per la frutta, rivoltata, faceva da tavolino e comodino, in un angolo una brocca d’acqua ed un bacile smaltato bianco su un treppiede ossidato. Il pavimento di terra battuta sudava umidità, così come le pareti, l’insieme freddo e squallido.
Manlio si strinse nelle giacca come per ripararsi dal freddo che l’ambiente incuteva. Giuseppe quasi in risposta al suo gesto:
-         Non è un granché, ma ci starai al sicuro finché vorrai.  Ci stava mio figlio per sfuggire ai rastrellamenti. Finché è stato quaggiù era al sicuro, l’hanno preso fuori di qui.
-         Non hai paura per te?
Erano le prime parole che Manlio pronunciava da quando erano entrati nel sottoscala.
-         Non saprebbero che farsene di me. Sono vecchio. Ma anche con l’età e il fiatone faccio più di quello che loto credono – disse ammiccando – E’ ora che vada.
Manlio sentì vuoto a quelle parole.
-         Tornerò prima di sera. – Lo rassicurò Giuseppe – porterò qualcosa da mangiare.
Ma il vuoto in Manlio non si colmò.
-         E’ proprio tempo che vada. Non accendere la lampada, seppure funziona.
Poi indicando il retro della porta alla quale si era intanto avvicinato.
-         C’è la chiave.
Aprì la porta e la rinchiuse con cautela alle sue spalle.
Manlio sentì i passi strascicati farsi sempre più lontani, poi il silenzio ‘afferrò all’improvviso, era rimasto in piedi fino ad allora, immobile nello stesso punto evitando di guardarsi intorno. L’umidità colava lungo le pareti. Si sedette sulla branda, batteva i denti, si coprì con le coperte, lo prese un sonno agitato.

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